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				Dall’intervento 
				del prof. Vincenzo Buonomo 
				 
				La 
				fraternità dei popoli nelle relazioni internazionali 
				
				   
				Riportiamo 
				alcune idee tratte dal ricco ed articolato intervento tenuto dal 
				prof. Vincenzo Buonomo (ordinario di Diritto internazionale alla 
				Pontificia Università Lateranense) durante l’incontro svoltosi 
				al Teatro Oratorio di Pieve il 22 agosto 2009. 
				
				   
				Ci sono 
				diversi passaggi nel testo di Chiara Lubich della Mariapoli 1959 
				che, scritti 50 anni fa, hanno oggi il massimo dell’attualità 
				nell’ambito delle relazioni internazionali. Vediamone tre. 
				  
				
				   
				Il rapporto tra l’unità e la diversità., 
				E’ questo un grosso problema che investe i rapporti tra 
				universalità e particolarismi, questione al centro dei conflitti 
				oggi in corso. Vediamolo riferito ad un esempio concreto: i 
				diritti umani fondamentali. Essi sono diritti universali, ma 
				spesso si afferma che tali diritti vanno interpretati secondo 
				delle prospettive particolari.   | 
			
			
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				Evidente 
				allora il nascere di un conflitto per la contrapposizione che 
				ciò suppone. 
				Chiara Lubich, 
				invece, tiene insieme unità e diversità, affermando che l’unità 
				non è la somma dei diversi, ma che vi si arriva condividendo ciò 
				che unisce i diversi. Per questo la diversità, intesa come 
				particolarità che ogni popolo è in grado di offrire e mettere al 
				servizio dell’altro, a lei non fa paura; viene anzi apprezzata 
				e, addirittura, coltivata. Una diversità che arricchisce chi dà 
				e chi riceve e rende possibile costruire qualcosa di diverso e 
				nuovo per entrambi. 
				 
				
				  
				Superare la categoria del nemico per risolvere i conflitti.  
				E’ questa una sfida vera e propria nel linguaggio e nella 
				prassi delle relazioni internazionali. E quando si dice sfida si 
				afferma che, se c’è la volontà, è possibile realizzarla. Oggi, 
				rispetto a 50 anni fa, il contesto internazionale si è molto 
				modificato, ma il mondo resta comunque diviso e, sotto un certo 
				aspetto, le divisioni sono aumentate, non tanto secondo un 
				profilo ideologico, ma secondo diversi profili.  
				Chiara Lubich afferma che va superata a tutti i livelli la 
				categoria del nemico. Tale categoria, però, non la si supera tra 
				due forze schierate nel campo, né di fronte ad una guerra 
				strutturata sulla base della deterrenza nucleare. La categoria 
				del nemico la supero io, personalmente, la superiamo tutti 
				insieme nel rapportarci tra persone. Di conseguenza la 
				esportiamo sul piano delle relazioni internazionali. Questo modo 
				di procedere, di agire per “cerchi concentrici”, dal più piccolo 
				al più grande - la persona, il gruppo, la città, il popolo, il 
				mondo – ricorre spesso nel pensiero di Chiara.  
				 
				
				  
				Rilettura del principio di reciprocità.  
				Attualmente i rapporti fra gli Stati sono costruiti 
				essenzialmente sul principio della reciprocità, principio inteso 
				in maniera che, di fronte ad un problema concreto, uno Stato 
				interviene per migliorare la situazione solo se l’altro Stato fa 
				altrettanto. In Chiara si trova tutt’altra interpretazione della 
				reciprocità: non si attende il comportamento dell’altro, ma 
				bisogna “agire per primi” senza aspettare il “ricambio”. Tale 
				rilettura diventa fondamentale applicandola non solo ai rapporti 
				strettamente politici, ma anche a quelli di carattere economico, 
				culturale, sul tema dei diritti fondamentali, della giustizia.
				 
				Chiara dà una prospettiva precisa: “amare la Patria altrui come 
				la propria”. E nello specificare “come la propria” dà la 
				dimensione ed il significato della reciprocità. Così facendo 
				“rovescia”, per così dire, il punto di partenza di questo 
				aspetto essenziale nelle relazioni internazionali. 
				Questo significa non solo favorire rapporti internazionali 
				nuovi, ma una dimensione degli stessi che abbia come riferimento 
				i popoli, le persone, e non solo gli Stati o i governi. I 
				popoli, in questo modo, si fanno protagonisti di un’avventura 
				finalizzata al superamento reale dei conflitti, alla pace. 
				
				 
				  
				  
				  
				
				  
				Una proposta al Primiero  
				Concludendo il suo intervento, il prof. Vincenzo 
				Buonomo ha lanciato un’idea al Primiero ed in particolare 
				alle sue istituzioni: 
				“Insieme al mio grazie per avermi invitato ad intervenire a 
				questa giornata, lancio un‘idea che mi è venuta questo 
				pomeriggio ascoltando soprattutto il saluto dei rappresentanti 
				delle Istituzioni.  
				Perché, se vogliamo ricordare in modo continuativo in questa 
				terra la profezia della Mariapoli 1959, non pensare proprio qui, 
				nella Valle di Primiero, una sorta di campo estivo, di scuola di 
				formazione sull’unità dei popoli?  
				Potrebbe costruirsi una settimana di studio, magari legata a 
				delle istituzioni universitarie come è quella di Sophia, con un 
				momento pubblico sul tipo di quello che stiamo vivendo oggi. Una 
				scuola che accolga una trentina di giovani, provenienti da 
				diverse parti del mondo, che possano confrontarsi su queste 
				tematiche, in modo interdisciplinare”. 
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