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				“Il tempo è 
				sembrato tornare indietro – complici il filmato d’epoca e Bruna 
				Tomasi, una delle prime compagne  di Chiara Lubich – a quel 22 
				agosto di 50 anni fa”. Così l’Adige all’indomani dell’incontro. 
				Quello di Bruna Tomasi, infatti, è stato un vivace colloquio ben 
				condotto da Walter Taufer. Soprattutto con la forza del 
				testimone.   | 
			
			
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				Chiara Lubich 
				
				
				e la Valle 
				
				
				di Primiero  | 
			
			
				
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			(4,4 Mb, durata 30'26'') 
				
				  
				
				  
				
				
				  
				Lei è tra 
				le prime compagne di Chiara, in una Trento devastata dalla 
				guerra. Ci dica una parola sull’incontro con quel gruppo 
				iniziale di ragazze che si andava componendo attorno a Chiara. 
				 
				Tornata a Trento per le vacanze (studiavo allora all’università 
				di Padova) una mia amica di infanzia mi ha invitato a conoscere 
				“le sue nuove compagne”. Così ho incontrato per la prima volta 
				Chiara e il gruppo che si era formato attorno a lei. La mia 
				prima impressione, dato che era un giorno della Madonna e si 
				trovavano in chiesa a recitare il rosario, è stata quella di 
				avere trovato degli angeli. Poi Chiara si è incontrata un 
				momento con le ragazze che eravamo presenti. Mi ha colpito 
				subito una sua frase: “A Dio bisogna dare  tutto”.  
				Tornando  a  casa  ho  capito  che  
				quello  non era  un   | 
				
				   
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				Con 
				Chiara Lubich 
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				da 
				Primiero al mondo  | 
			
			
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				giorno 
				qualunque, ma un dono della Madonna per me. 
				I giorni 
				seguenti ho cercato di rincontrarle. Quello che vivevano era 
				molto forte; parlavano di un cristianesimo vivo arricchito dalle 
				loro esperienze quotidiane. Non un cristianesimo bigotto, ma 
				vivo, peno di interesse per il prossimo, volevano vivere il 
				Vangelo. Parlavano di Gesù, di vederLo e amarLo in ogni 
				prossimo… Pensavo fino a quel momento di essere cristiana, nata 
				in una famiglia molto cristiana, ma quello che loro proponevano 
				era completamente nuovo per me. Ho scoperto un cristianesimo che 
				mi chiedeva di amare tutti perché tutti sono miei fratelli. Fino 
				a quel momento avevo amato sì, ma solo la mia famiglia. Ora Dio 
				mi chiamava ad amare tutti.  
				Così anch’io mi sono lanciata in questa nuova avventura. 
				Naturalmente ho fatto i miei passi, deboli all’inizio, poi 
				sempre più, e mi sono accorta che ad ogni passo che facevo c’era 
				anche una luce nuova che veniva da Dio. Si vede che voleva darmi 
				forza per andare avanti. 
				
				  
				
				  
				
				  
				
				
				  
				C’è un 
				episodio, un momento particolare che lei ricorda e possa 
				permetterci di entrare un po’ nel cuore, nella novità del 
				Movimento che allora nasceva? 
				 
				Più che di un momento, ricordo che Chiara ci incontrava tutte le 
				mattine, brevemente, prima che si partissi per il lavoro o per 
				la scuola. In questo modo, giorno per giorno, ci dava il “là” 
				per la giornata donandoci e invitandoci a vivere quanto Dio 
				donava a lei. Erano i prodromi di quelli che costituiscono oggi 
				i punti cardine di una nuova spiritualità nella Chiesa, la 
				spiritualità dell’unità. Chiara, ancora dai primi giorni, 
				avvertiva che noi eravamo nati proprio per l’unità. Tanto è vero 
				che sulle pareti della sala dove ci trovavamo “Sala Massaia”, a 
				lettere cubitali, avevamo scritto: “O l’unità o la morte”. 
				Leggo alcune righe di un appunto scritto da Chiara nel ’46 e 
				ritrovati più tardi: “L’anima deve mirare sopra ogni cosa a 
				puntare sempre lo sguardo nell’unico Padre di tanti figli. Poi 
				guardare tutte le creature come figlie dell’unico Padre. 
				Oltrepassare sempre con il pensiero e con l’affetto del cuore 
				ogni limite posto dal modo di vivere umano e tendere 
				costantemente e per abito preso alla fratellanza universale in 
				un solo Padre Dio”.  
				E ci siamo accorti che più noi vivevamo il Comandamento Nuovo 
				che rende possibile l’unità fra gli uomini, più avvertivamo che 
				Qualcuno c’era fra noi… Ci sono parse molto chiare le parole di 
				Gesù nel Vangelo di Matteo, 18.20 dove dice: “Dove due o più 
				sono uniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro”: la presenza 
				di Gesù fra gli uomini.  
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				E da Trento 
				siete arrivate nella Valle di Primiero, anzi a Tonadico… 
				 
				Questa scelta di Tonadico, il nostro arrivo in Primiero è stato 
				anche un gioco di Dio. Stavamo concludendo un anno intenso di 
				lavoro e si doveva fare un periodo di riposo, in montagna. Una 
				di noi, Lia Brunet, aveva ereditato una piccola baita a Tonadico 
				e così abbiamo deciso di venire qui in vacanza.  
				Per Chiara e il piccolo gruppo di focolarine e focolarini è 
				stato un periodo straordinario di luce. Igino Giordani parla di 
				“un piccolo Tabor” nel quale Dio, per una grazia speciale, si è 
				fatto conoscere a Chiara e le ha fatto vedere il Suo piano 
				sull’Opera che doveva nascere. E’ stato un periodo meraviglioso 
				che abbiamo chiamato Paradiso ’49.  | 
			
			
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				E questo 
				per vari anni consecutivi, incontri che avete chiamato 
				Mariapoli. Ci faccia rivivere ciò che accadeva… 
				 
				L’anno seguente, 1950, siamo tornate e con noi alcune persone, 
				famiglie, giovani, religiosi, ecc. che desideravano vivere con 
				noi questa nuova vita; una quarantina.  
				Nel ’51 eravamo già circa 300 persone; una piccola città immersa 
				nella città del mondo. Al mattino si iniziava con la Santa 
				Messa, poi ci si incontrava per approfondire la vita del vangelo 
				e ascoltare esperienze di vita. Poi si facevano passeggiate e 
				alla sera si chiudeva la giornata ancora in chiesa. L’unica 
				legge che governava questa convivenza era l’amore scambievole, 
				il servizio, e ognuno sperimentava la gioia di vivere per 
				l’altro, dimentico di sé. 
				Nel’53 venne a farci visita l’allora capo del governo Alcide 
				Degaspari. Chiara lo aveva già incontrato a Fregene attraverso 
				Giordani, che era amico suo, e poi lui ha voluto venire a 
				trovarci quassù. Per dire in quale atmosfera si viveva, abbiamo 
				cantato a lui una canzone che diceva: “Tranvier, studenti, 
				medici, speziali e deputati, entrati qui in Mariapoli son già 
				parificati…”. Sì, perché questa vita di amore reciproco faceva 
				scoprire a tutti la realtà che siamo uguali, che siamo fratelli. 
				Nel ’54 e ’55 la Mariapoli si trasferì a Vigo di Fassa.  
				Nel ’54, la presenza di un vescovo, Mons. Paolo Hnilica che 
				veniva dai paesi dell’Est, sotto il comunismo, ci mise in luce 
				la realtà di Gesù Abbandonato e quindi quella Mariapoli ha 
				ricevuto il nome di Giapoli.  
				Nel ’55, ufficialmente questo incontro estivo si chiama 
				Mariapoli. Giordani scrive: “Il nome di Città di Maria, 
				Mariapoli, fu suggerito allo scrivente da tutta l’impronta 
				mariana dell’Opera. Era Maria a dare alla convivenza quel tono e 
				insieme il modello di umiltà, carità, servizio, che la 
				spiritualità del Movimento esigeva” . Da allora questi convegni 
				estivi si chiamano: Mariapoli.  
				Nel’56 la Mariapoli si trasferì di nuovo a Fiera di Primiero. 
				Quell’anno furono ospiti la marchesa Elisabetta Rossignani 
				Pacelli, sorella di Pio XII, il Cardinale Yu Pin, cinese, altri 
				vescovi italiani, deputati e numerose persone provenienti da 
				altri continenti. Nasce anche la rivista “Città Nuova” per 
				mantenere collegati e sostenere nella nuova vita scoperta tutti 
				coloro che erano stati in Mariapoli. 
				Nel ’57 furono presenti molti vescovi e personalità come P. 
				Lombardi e P. Werenfried. Parteciparono anche e con grandissima 
				gioia un gruppo di suore luterane (Marienschevestern), dando 
				alla Mariapoli una nota caratteristica, quella di Città Chiesa. 
				. 
				Nel ’58, ispirandosi alla mostra mondiale dei prodotti 
				scientifici e tecnici tenutasi a Bruxelles (Expo’58), si vuole 
				fare della Mariapoli una piccola Expo di Dio con il desiderio di 
				sottolineare i valori dello Spirito. In un scritto di Chiara 
				alla fine della Mariapoli, si legge: “Mariapoli 1958. Piccola 
				Expo di Dio! Per te tanti uomini hanno creduto, innumerevoli 
				cuori hanno ripalpitato, il cielo solo ha contato le anime 
				tuffate nella sua misericordia. … nessuno t’ha diretta, nessuno 
				t’ha costruita: solo fratelli venuti da tutti paesi hanno 
				prestato il loro cuore a Dio perché fra essi il regno dei cieli 
				brillasse”. 
				E l’ultima Mariapoli sulle Dolomiti fu quella del ’59. 
  
				
				  
				
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				 E 
				parliamo proprio di quella del 1959 durante la quale passarono 
				da Primiero 12 mila persone di 27 nazionalità. In quell’anno la 
				Mariapoli si concluse con un gesto pieno di significato: lei 
				c’era: Ce lo può raccontare ? 
				 
				Sì, eravamo molti, di tante nazionalità, ma ci animava un comune 
				spirito di amore e unità. Non era difficile incontrare un 
				tedesco o un francese che si sforzavano di parlare con un 
				italiano. E anche se non sempre se capivano, ciò era motivo di 
				gioia e di risate. Eravamo come si sa nel dopo guerra e non era 
				tutto scontato. Questa Mariapoli la ricordiamo in particolare 
				per la sua conclusione.  
				Il 2 agosto ripartivano per la Germania un gruppo di tedeschi. 
				Chiara scrive ringraziando loro: “La vostra partenza sembra 
				oscurare un po’ il bel sole della Mariapoli, perché voi siete 
				stati tanto vicini a noi nel costruire questa “mistica città” 
				col vostro amore, con la vostra donazione, col vostro esempio, 
				con la vostra gioia… La vostra fedeltà all’Ideale vi ha fatto 
				sentire tanto vicini a noi, non solo come cristiani, ma come 
				popoli”. Bisogna pensare che venivamo tutti dall’esperienza 
				recente della guerra.  
				E Chiara aggiunge: “Si può prevedere qualcosa di grande per la 
				Germania e nell’unità con gli altri popoli”. E ancora: “I 
				focolarini italiani vorrebbero patteggiare con voi unità eterna 
				perché Gesù sia sempre non solo fra le nostre anime , ma fra i 
				due popoli. Il giorno 22 agosto (allora era la festa del Cuore 
				Immacolato di Maria, n.d.r.) faranno questo patto con voi anche 
				se fisicamente siete lontani. Fatelo anche voi e chissà quale 
				grazie manderanno il Signore e Maria dal Cielo”.  
				L’adesione dei tedeschi è generosa. I francesi e i brasiliani, 
				venuti a conoscenza aderiscono subito pure loro. Così, il 22 
				agosto 1959, rappresentanti dei 5 continenti leggono in chiesa, 
				sul gradino del presbiterio, una preghiera in 9 lingue (cinese, 
				italiano, tedesco, francese, inglese, fiammingo, portoghese, 
				spagnolo e slovacco). Era una consacrazione quasi universale. La 
				chiesa, gremita, segue attentamente mentre si avverte qualcosa 
				di nuovo, di grande: un’unità da vivere non solo fra di noi, fra 
				persone cioè, ma fra popoli. Il deporre di tutti davanti a Maria 
				i propri popoli, in un amore più grande (“amare la patria altrui 
				come la propria”), dava vita al popolo di Dio. Lo si sentiva 
				come una sfida per il futuro, per la pace.  
				Con commozione ricordo quel momento e penso che in questi 50 
				anni molto sia stato fatto da Maria! Dopo quella Mariapoli, 
				l’ultima nelle Dolomiti, esse riprendono nel ’60 a Friburgo, nel 
				’61 in Brasile e poi nel ’64 in Italia e Europa. Da allora si 
				tengono in ogni nazione dove il Movimento è presente. Durante 
				quest’anno 2009 le Mariapoli sono state 168 in più di 60 
				nazioni. 
				
				
				
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